Le economie agrosilvopastorali sono state fino a pochi decenni fa il principale fondamento delle società di montagna. In epoche preistoriche esse hanno progressivamente contribuito a distinguere gli animali domestici da quelli selvatici, praticando la caccia a scopo alimentare ma non solo.
Tra gli animali selvatici (camosci, stambecchi, marmotte, scoiattoli, volatili, …) vi erano i predatori, soprattutto aquile, lupi, cinghiali, orsi. Si trattava in ogni caso di specie destinate ad essere cacciate, se non addirittura eliminate dal paesaggio faunistico: per motivi alimentari, di utilizzo delle pelli, di salvaguardia delle greggi o delle colture.
Attività primaria delle comunità itineranti, la caccia divenne via via un supplemento alle produzioni autonome di cibo nei villaggi stanziali del Neolitico. Archi e frecce erano ancora le armi maggiormente utilizzate per la caccia a distanza, che poteva essere praticata da un solo uomo.
L’arco neolitico impiegato negli ambienti boschivi era in legno di tasso, olmo o altre specie. La corda era costituita da un intreccio di fibre vegetali (lino, tiglio, ortica, …), oppure di tendini animali. Le punte delle frecce erano in selce scheggiata, o in osso, o in schegge di pietra verde levigate.