Tra le grandi innovazioni del Neolitico emerge quella di una nuova alimentazione, con il contestuale impiego della terracotta per la cottura e conservazione dei cibi. A Vaie, dal ‘700 e fino alla metà del 1800, è stata attiva una Fornace, fornitrice “delle Regie Fabbriche e Fortificazioni Sabaude”. È quindi presumibile che l’uomo preistorico trovasse abbondanza di materiale argilloso, trasportandolo mediante cesti o contenitori in pelle di animale. Per renderla plastica e lavorabile, l’argilla raccolta veniva frantumata e mescolata con acqua. La tecnica di costruzione del vaso forse più diffusa consisteva, a partire dalla preparazione del fondo, nella progressiva sovrapposizione di fasce. Ben unite fra di loro, queste “ bande” erano posizionate fino ad ottenere il manufatto voluto. Le superfici erano poi lisciate mediante ciottoli o spatole in osso o legno. Una volta essiccato, il vaso veniva cotto su un focolare a cielo aperto.
Con la cottura mediante focolare, tipica delle civiltà neolitiche, la prima operazione consisteva nel preriscaldamento dei vasi posti su un letto di braci. Quando il calore dell’argilla aveva raggiunto un livello ottimale, sul vasellame si aggiungeva la giusta quantità di legname.
A combustione della legna ultimata, i vasi erano cotti. In base alla quantità di ossigeno presente nella catasta, essi assumevano le diverse colorazioni. Nelle forme più antiche la decorazione si otteneva sia con riporti plastici, che per impressione delle dita o di oggetti, che per incisione tramite un’ampia gamma di strumenti appuntiti in pietra, legno, osso.
La decorazione dipinta non ha lasciato tracce in Valle di Susa.